L’INPS ha diramato le attese istruzioni relative ai trattamenti di integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario. La nota illustra le innovazioni introdotte dai decreti-legge n. 34 del 2020 (c.d. rilancio) e n. 52 del 2020 e fornisce istruzioni sulla corretta gestione delle domande relative ai trattamenti previsti dagli articoli da 19 a 21 del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. Cura Italia), come modificati dal decreto-legge n. 34 e in relazione alle successive disposizioni in deroga introdotte dal decreto-legge n. 52. Nell’invitare a una attenta lettura della nota in oggetto, di seguito si riassumono le indicazioni di più immediato interesse per le imprese del settore
Modifiche in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario per la causale “Covid-19”
L’articolo 68 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha modificato l’articolo 19 del decreto-legge n. 18 del 2020 estendendo il periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario richiedibile dai datori di lavoro operanti su tutto il territorio nazionale, che hanno dovuto interrompere o ridurre l’attività produttiva per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19. Nella sua nuova formulazione, l’articolo 19, comma 1, del decreto n. 18 dispone che i datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “Covid-19 nazionale”, per una durata di 9 settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, incrementate di ulteriori 5 settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro che abbiamo interamente fruito il periodo precedentemente concesso di 9 settimane. L’articolo 1 del decreto-legge n. 52 del 2020 ha generalizzato la possibilità – inizialmente prevista per le sole aziende del turismo – di usufruire di ulteriori 4 settimane per periodi anche antecedenti al 1° settembre 2020 per i datori di lavoro che abbiano interamente fruito delle quattordici settimane precedentemente concesse. Resta ferma la durata massima di 18 settimane considerando cumulativamente tutti i periodi riconosciuti, ad eccezione dei datori di lavoro che hanno unità produttive o lavoratori residenti o domiciliati nei comuni delle c.d. zone rosse, per i quali la durata massima complessiva è determinata in 31 settimane.
Disciplina relativa alle nuove cinque settimane e regolamentazione del periodo fruito
In relazione alla nuova previsione normativa, la possibilità di trasmettere domanda per un ulteriore periodo non superiore a 5 settimane con la causale “Covid-19 nazionale”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, resta circoscritta esclusivamente ai datori di lavoro che abbiano completato la fruizione delle prime 9 settimane di integrazione salariale.
L’istituto precisa che non è necessario che le settimane richieste siano consecutive rispetto a quelle originariamente autorizzate, ma le stesse devono essere obbligatoriamente collocate entro il 31 agosto 2020. Per le aziende che hanno unità produttive situate nei comuni di cui all’allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020, nonché per le imprese collocate al di fuori dei predetti comuni ma con lavoratori residenti o domiciliati nei comuni medesimi, il trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria o di assegno ordinario con causale “Covid-19 nazionale” si aggiunge ai trattamenti richiesti utilizzando la causale “Emergenza Covid-19 d.l.9/2020”. Si evidenzia che anche per queste aziende, ai fini dell’accesso ai nuovi trattamenti, valgono le regole del periodo effettivamente fruito sopra descritte. Pertanto, è possibile per queste aziende richiedere la cassa integrazione salariale ordinaria o l’assegno ordinario per 13 settimane, con causale “Emergenza Covid-19 d.l.9/2020“ e per ulteriori massimo 14 settimane, con causale “Covid-19 nazionale”. Se i periodi delle due domande con distinte causali sono coincidenti, è necessario che i lavoratori interessati dagli interventi siano differenti, mentre se i periodi richiesti non si sovrappongono i lavoratori possono essere gli stessi. Ai fini dell’autodichiarazione del periodo effettivamente fruito, le aziende che richiedono l’assegno ordinario dovranno allegare alla domanda stessa un file excel. Questo file dovrà essere convertito in formato .pdf per essere correttamente allegato alla domanda. A tale scopo, il file .pdf relativo al fruito deve essere inserito nell’allegato A già presente in domanda. Per le istanze di assegno ordinario nel frattempo già inviate, i datori di lavoro potranno inviare tale modello di autodichiarazione attraverso il cassetto bidirezionale. In caso di assenza del file da allegare, il periodo autorizzato e quello fruito si considereranno coincidenti. I files in questione consentono all’azienda di calcolare, a consuntivo della CIGO e dell’assegno ordinario, quanti giorni di trattamento sono stati effettivamente fruiti. Dalla somma del numero dei giorni fruiti si risale al numero di settimane residue ancora da utilizzare e che possono essere eventualmente richieste con la nuova domanda. Per la CIGO, il conteggio del residuo si fonda sul presupposto che si considera fruita ogni giornata in cui almeno un lavoratore, anche per un’ora soltanto, sia stato posto in sospensione o riduzione, indipendentemente dal numero di dipendenti in forza all’azienda. Per ottenere le settimane fruite, si divide il numero delle giornate di CIGO/assegno ordinario fruite per 5 o per 6, a seconda dell’orario contrattuale prevalente nell’unità produttiva.
A titolo esemplificativo, la nota riporta i seguenti casi.
caso 1:
periodo dal 01/03/2020 al 01/05/2020. Settimane richieste e autorizzate: 9. Al termine del periodo autorizzato, l’azienda ha fruito di 30 giornate di integrazione salariale (giorni in cui si è fruito di CIGO/assegno ordinario, indipendentemente dal numero dei lavoratori). Si divide il numero di giornate di integrazione salariale fruite per il numero di giorni settimanali in cui è organizzata l’attività, 5 o 6, e si ottiene il numero di settimane usufruite. Per esempio: 30/5 = 6 settimane. Residuano, pertanto, 3 settimane (9 settimane – 6 settimane) che l’azienda potrà chiedere.
caso 2:
periodo dal 01/03/2020 al 01/05/2020. Settimane richieste e autorizzate: 9. Al termine del periodo autorizzato, l’azienda ha fruito di 19 giornate di integrazione salariale: 19/5 = 3,8 settimane. Residuano, pertanto, 5,2 settimane (9 settimane – 3,8 settimane). Nel caso prospettato, pertanto, l’azienda potrà richiedere 5 settimane e un giorno. Per esempio, il periodo richiesto potrà essere: dal 08/06/2020 al 13/07/2020 oppure dal 10/06/2020 al 15/07/2020.
Ulteriore periodo di quattro settimane di CIGO e assegno ordinario con causale “Covid-19 nazionale”
Il decreto-legge n. 52 del 2020 ha introdotto, tra le altre, ulteriori misure urgenti in materia di trattamento di integrazione salariale. In particolare, l’articolo 1, comma 1, del citato decreto ha stabilito che, in deroga a quanto previsto dall’articolo 22 del decreto-legge n. 18/2020 e successive modificazioni, tutti i datori di lavoro che abbiano interamente utilizzato il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di 14 settimane, possono usufruire di ulteriori 4 settimane anche per periodi antecedenti al 1° settembre 2020. La durata massima dei trattamenti cumulativamente riconosciuti non può, in ogni caso, superare le 18 settimane complessive. Per le aziende che hanno unità produttive situate nei comuni di cui all’allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020, nonché per le imprese collocate al di fuori dei predetti comuni ma con lavoratori residenti o domiciliati nei comuni medesimi, le ulteriori 4 settimane potranno essere richieste esclusivamente dai datori di lavoro che abbiamo interamente fruito delle precedenti 27 settimane (13 settimane + 14 settimane), per una durata massima complessiva di 31 settimane (13 settimane + 14 settimane + 4 settimane).
Caratteristiche degli interventi di CIGO e assegno ordinario con causale “Covid-19 nazionale”
In relazione all’impianto normativo, si ribadisce che l’intervento con causale “Covid-19 nazionale“ non soggiace all’obbligo di pagamento del contributo addizionale e, ai fini del computo della durata, non rientra nel limite delle 26 settimane per l’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale (FIS). Inoltre, il trattamento in questione deroga sia al limite dei 24 mesi nel quinquennio mobile, previsto, per la durata massima complessiva dei trattamenti, dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 148 del 2015, sia al limite di 1/3 delle ore lavorabili di cui all’articolo 12, comma 5, del medesimo decreto legislativo. Pertanto, possono richiedere il trattamento di CIGO/assegno ordinario con causale “Covid-19 nazionale“ anche le aziende che hanno già raggiunto i limiti di cui sopra. I periodi autorizzati con causale “Covid-19 nazionale“ sono, inoltre, neutralizzati ai fini di successive richieste di CIGO/assegno ordinario. L’istituto conferma inoltre che, per l’accesso ai trattamenti di CIGO e di assegno ordinario, non occorre che i lavoratori siano in possesso del requisito dell’anzianità di 90 giorni di effettivo lavoro presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento, ma è necessario che gli stessi siano alle dipendenze dell’azienda richiedente alla data del 25 marzo 2020. In relazione all’istruttoria delle domande con causale “Covid-19 nazionale”, la nota ricorda che la stessa è improntata alla massima celerità e che non si applica l’articolo 11 del decreto legislativo n. 148 del 2015. Pertanto, le aziende non devono fornire alcuna prova in ordine alla transitorietà dell’evento e alla ripresa dell’attività lavorativa né, tantomeno, dimostrare la sussistenza del requisito di non imputabilità dell’evento stesso all’imprenditore o ai lavoratori. Conseguentemente, l’azienda non deve allegare alla domanda la relazione tecnica di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale n. 95442 del 2016, ma solo l’elenco dei lavoratori destinatari della prestazione.
Modifiche introdotte dal decreto-legge n. 34 del 2020 alla regolamentazione inerente alla trasmissione delle domande di CIGO e di assegno ordinario
Il decreto-legge n. 34 del 2020 è intervenuto anche sulla disciplina relativa alla trasmissione delle domande di accesso ai trattamenti di CIGO e di assegno ordinario. La nuova previsione stabilisce che le aziende che trasmettono la domanda sono dispensate dall’osservanza dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 148 del 2015 e dei termini del procedimento previsti dall’articolo 15, comma 2, nonché dall’articolo 30, comma 2, del medesimo decreto legislativo per l’assegno ordinario, fermi restando l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto che devono essere svolti, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva. Pertanto, all’atto della presentazione della richiesta di concessione dell’integrazione salariale ordinaria e dell’assegno ordinario, le aziende, compilando l’apposito campo presente nel modello di domanda, devono limitarsi a dichiarare sotto la propria responsabilità all’INPS di aver eseguito gli adempimenti di cui sopra, senza dover presentare alcuna documentazione probatoria.
Termini di trasmissione delle domande
La disciplina relativa ai termini di trasmissione delle istanze relative ai trattamenti di integrazione salariale con causale “Covid-19 nazionale“ è stata oggetto di un duplice intervento ad opera, prima, del decreto-legge n. 34 del 2020 e, successivamente, del decreto-legge n. 52 del 2020. In particolare, l’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 52, oltre a stabilire un regime di termini stringente, ha altresì introdotto un regime decadenziale per la presentazione delle domande relative ai trattamenti di CIGO e assegno ordinario: le istanze finalizzate alla richiesta di interventi devono essere inviate, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. Al fine di consentire un graduale adeguamento al nuovo regime, il medesimo decreto stabilisce che, in sede di prima applicazione della norma, i suddetti termini sono spostati al 17 luglio 2020 (trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore del decreto- legge n. 52) se tale ultima data è posteriore a quella prevista per la scadenza dell’invio delle domande. Le istanze riferite ai periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020 devono essere inviate, a pena di decadenza, entro il 15 luglio 2020. I datori di lavoro che hanno erroneamente presentato una domanda per trattamenti diversi da quelli cui avrebbero avuto diritto o comunque con errori o omissioni che ne hanno impedito l’accettazione, possono presentare la domanda nelle modalità corrette entro trenta giorni dalla comunicazione dell’errore da parte dell’amministrazione di riferimento, a pena di decadenza, anche nelle more della revoca dell’eventuale provvedimento di concessione emanato dall’amministrazione competente. In relazione al nuovo impianto normativo, quindi, per i datori di lavoro che debbano inoltrare domanda per eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa iniziati a decorrere dal 1° giugno 2020, la scadenza è fissata al 31 luglio 2020, mentre, per i periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa iniziati dal 1° luglio 2020 la scadenza per la presentazione delle domande è fissata al 31 agosto 2020. Qualora la domanda sia presentata dopo i suddetti termini, trova applicazione il regime decadenziale introdotto dall’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 52.
Modalità di pagamento della prestazione
In merito alle modalità di pagamento della prestazione, rimane inalterata la possibilità per l’azienda di anticipare le prestazioni e di conguagliare gli importi successivamente, così come, in via di eccezione, la possibilità di richiedere il pagamento diretto da parte dell’INPS, senza obbligo di produzione della documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa. Con riferimento al pagamento diretto, si precisa che l’articolo 22-quater del decreto- legge n. 18 del 2020 è intervenuto sulla disciplina del pagamento diretto dei trattamenti salariali a carico dell’istituto, stabilendo che, nel caso di richiesta di pagamento diretto con anticipo del 40% delle ore richieste per l’intero periodo, il datore di lavoro deve presentare la domanda entro 15 giorni dall’inizio del periodo di sospensione o riduzione. L’INPS autorizza le domande e dispone l’anticipazione di pagamento del trattamento entro 15 giorni dal ricevimento delle domande stesse.
In fase di prima applicazione della norma, qualora il datore di lavoro voglia richiedere anche l’anticipo del pagamento da parte dell’istituto, se il periodo di sospensione o di riduzione ha avuto inizio prima del 18 giugno 2020 (trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore del decreto-legge n. 18 del 2020), il termine di presentazione dell’istanza è stato fissato entro il quindicesimo giorno successivo alla medesima data, vale a dire entro il 3 luglio 2020.
Aziende che hanno esaurito il periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa con causale “Covid-19 nazionale”
Le aziende che hanno esaurito le 18 settimane di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa con causale “Covid-19 nazionale” possono eventualmente fare ricorso alle prestazioni a sostegno del reddito previste dalla normativa generale, qualora sussista disponibilità finanziaria nelle relative gestioni di appartenenza. Alle domande in questione si applicano i limiti di fruizione secondo le regole che disciplinano l’integrazione salariale ordinaria: 52 settimane nel biennio mobile ai sensi dell’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo n. 148 del 2015; 1/3 delle ore lavorabili di cui all’articolo 12, comma 5, del medesimo decreto; durata massima complessiva dei trattamenti di 24 mesi nel quinquennio mobile prevista dall’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 148. Inoltre, alle domande in questione si applica il requisito dell’anzianità di effettivo lavoro di 90 giorni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 148; l’obbligo di versamento della contribuzione addizionale di cui all’articolo 5 del medesimo decreto (esclusi gli eventi oggettivamente non evitabili, c.d. EONE), nonché gli adempimenti relativi alla comunicazione sindacale previsti all’articolo 14 del decreto legislativo n. 148. Tenuto conto del carattere eccezionale della situazione in atto, qualora l’azienda evidenzi il nesso di causalità tra l’emergenza sanitaria e la causale invocata, la valutazione istruttoria non deve contemplare la verifica della sussistenza dei requisiti della transitorietà dell’evento e della non imputabilità dello stesso al datore di lavoro e ai lavoratori. Infine, risultano accoglibili le domande di integrazione salariale per le quali la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa avviene per effetto dell’ordine della autorità/ente pubblico, circostanza quest’ultima che costituisce apposita causale rientrante nel novero dei c.d. EONE. Per quanto riguarda il FIS, l’istituto evidenzia che resta salva la previsione di cui all’articolo 35 del medesimo decreto legislativo n. 148, che prescrive l’equilibrio finanziario del Fondo, e l’impossibilità di erogare prestazioni in carenza di disponibilità.
Disciplina dell’assegno ordinario del FIS
Ai sensi dell’articolo 19 del decreto-legge n. 18 del 2020, l’assegno ordinario, nell’anno 2020, è concesso anche ai lavoratori dipendenti da datori di lavoro iscritti al FIS che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti. Limitatamente all’anno 2020, al trattamento non si applica il tetto aziendale di cui all’articolo 29, comma 4, del decreto legislativo n. 148 del 2015. L’istituto ricorda che per i trattamenti erogati dal FIS i requisiti di accesso alla prestazione dipendono non solo dal settore di appartenenza del datore di lavoro, ma anche dal requisito dimensionale dallo stesso posseduto alla data di inizio della sospensione. In considerazione della particolare situazione derivante dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 e dell’unitarietà della causale per cui viene proposta la domanda di accesso alla prestazione, la nota in commento precisa che, ai fini della valutazione delle nuove richieste di assegno ordinario per periodi che presentino o meno soluzione di continuità, l’istituto terrà conto del requisito occupazionale posseduto dal datore di lavoro al momento della definizione della prima domanda. Resta, comunque, possibile per i datori di lavoro richiedere un riesame degli eventuali provvedimenti di reiezione adottati dalla struttura territoriale.
Assegno al nucleo familiare per il periodo di percezione dell’assegno ordinario in relazione alla causale “Covid-19”
L’articolo 19 del decreto-legge n. 18 del 2020 prevede che ai beneficiari dell’assegno ordinario, concesso a seguito della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza da Covid-19, limitatamente alla causale ivi indicata, sia concesso l’assegno per il nucleo familiare (ANF) in rapporto al periodo di paga adottato e alle medesime condizioni dei lavoratori ad orario normale. In relazione alla disposizione normativa, il riconoscimento dell’ANF opera con riferimento agli assegni ordinari concessi dai fondi di solidarietà e dal FIS, a seguito della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza da Covid-19, per l’intero periodo di spettanza dell’assegno ordinario, a decorrere dal 23 febbraio 2020. In ordine alle modalità di erogazione dell’assegno per i fondi gestiti dall’INPS, l’istituto fa riserva di fornire le indicazioni di dettaglio con una specifica circolare.
Trattamento di cassa integrazione a seguito di revoca del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dal 23 febbraio al 17 marzo 2020
Nel quadro delle innovazioni apportate dal decreto-legge n. 34 del 2020 all’impianto normativo in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, si evidenzia che l’articolo 80 del decreto, modificando l’articolo 46 del decreto-legge n. 18 del 2020, ha aggiunto il comma 1-bis, che dispone: “il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020 abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, può, in deroga alle previsioni di cui all’articolo 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22 del presente decreto, dalla data in cui abbia avuto efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.” In relazione alla portata della norma, l’INPS precisa che i datori di lavoro che rientrano nella fattispecie sopra descritta potranno presentare domande, anche integrative, di accesso al trattamento per i lavoratori per cui abbiano revocato il licenziamento, purché nel rispetto delle 18 settimane complessive. Stante il richiamo operato dal legislatore alle misure di cui agli articoli dal 19 a 22 del decreto-legge n. 18, i datori di lavoro potranno richiedere l’ammortizzatore sociale spettante in relazione alla natura e alle dimensioni dell’azienda, secondo la disciplina prevista per la causale Covid-19.