L’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) ha diramato chiarimenti in merito alle collaborazioni organizzate dal committente e le tutele del lavoro tramite piattaforme, contenenti utili precisazioni che, di seguito, si riassumono. I chiarimenti, formulati a seguito dei cambiamenti apportati dal decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, che ha modificato il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 con particolare riferimento alla disciplina della c.d. etero-organizzazione ed ha introdotto il capo V bis (attività dei “ciclo-fattorini”) forniscono un importante quadro di riferimento per l’utilizzo delle forme contrattuali non esplicitamente inquadrabili nel rapporto di lavoro dipendente.

caratteri della etero-organizzazione

L’articolo 2, comma 1, del decreto n. 81 del 2015 stabilisce l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente.

Il successivo comma 2 prevede che tale previsione non trovi applicazione, tra le altre:

  1. alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
  2. alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  3. alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni.

L’Ispettorato evidenzia che la disciplina dell’articolo 2, comma 1, in ragione del riferimento generico alle collaborazioni utilizzato dal legislatore, è suscettibile di applicazione nei confronti di tutti i rapporti di collaborazione non riconducibili allo schema di cui all’articolo 2094 del Codice civile, il quale stabilisce che “è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”. L’ambito applicativo della disposizione ricomprende pertanto ogni ipotesi di collaborazione “continuativa”, comprese quelle in cui le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante “piattaforme anche digitali”.

I requisiti indicati dal legislatore ai fini dell’applicazione della disciplina – e che possono riguardare tipologie contrattuali differenziate – sono da individuarsi in una prestazione prevalentemente personale, continuativa ed eseguita secondo modalità organizzate dal committente. I tre requisiti devono tutti ricorrere perché si possa applicare la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

personalità

Il decreto n. 101 del 2019 ha sostituito, nel comma 1 dell’articolo 2 del decreto n. 81 del 2015, l’espressione “esclusivamente personali” con “prevalentemente personali”, rifacendosi pertanto al rapporto di collaborazione indicato dall’articolo 409 del Codice di procedura civile. Ciò comporta che rientrano in tale ambito:

  • per un verso, le prestazioni che siano svolte anche con l’ausilio di altri soggetti;
  • per altro verso, quelle prestazioni che vengono rese anche mediante l’utilizzo di strumentazione o mezzi nella disponibilità del collaboratore.

Sul punto, l’Ispettorato precisa che la mera previsione contrattuale di una “clausola di sostituzione” che abilita il prestatore a farsi sostituire occasionalmente da un terzo nell’esecuzione della prestazione, non può di per sé escludere il requisito della personalità.  L’indagine va infatti necessariamente svolta in concreto, rifacendosi a criteri obiettivi e valutando nel loro complesso tutte le circostanze del caso. Inoltre, andrà verificata la concreta praticabilità della sostituzione, l’effettiva effettuazione della stessa e, in caso affermativo, lo strumento – anche giuridico – adoperato per la sostituzione, in modo da chiarire i rapporti fra il lavoratore obbligato sul piano contrattuale ed i terzi eventualmente impegnati nella esecuzione delle attività.

continuità

Una prestazione si connota per la sua continuità quando, per essere di utilità per il committente, deve ripetersi in un determinato e apprezzabile arco temporale. Tale caratteristica può evincersi, così come ha inteso la giurisprudenza, anche dal perdurare dell’interesse del committente al ripetersi della prestazione lavorativa (senza la predeterminazione di un arco temporale) da parte del collaboratore, in modo tale da escluderne l’episodicità, anche con una ricostruzione ex post sulla base delle prestazioni effettivamente svolte. Ogni qual volta la ripetizione di una medesima prestazione lavorativa sia oggetto o presupposto del contratto (o sia accertata sulla base del reale andamento del rapporto tra le parti), anche laddove non sia predefinito l’arco temporale di esecuzione della prestazione, va pertanto escluso il carattere dell’occasionalità. Sotto tale aspetto, quindi, non rileva esclusivamente la misurazione della durata del rapporto di lavoro, atteso che anche prestazioni rese in un arco temporale limitato, ma comunque significativo, possono realizzare un interesse continuativo del committente.

etero-organizzazione

Il decreto n. 101 ha abrogato il riferimento, contenuto nella previgente formulazione dell’articolo 2, comma 1, del decreto n. 81 del 2015, alla necessaria predeterminazione da parte del committente dei tempi e del luogo di lavoro, che pertanto non risultano più i parametri esclusivi per la definizione del modello etero-organizzato rimanendo, tuttavia, elementi di raffronto di assoluto rilievo per l’individuazione della fattispecie. I primi pronunciamenti giurisprudenziali (Cassazione. 24 gennaio 2020, n. 1663) hanno individuato tale requisito nell’imposizione, da parte del committente, delle modalità esecutive della prestazione lavorativa, così determinando una sorta di inserimento del collaboratore nell’organizzazione aziendale.

Sotto tale aspetto, quindi, l’etero-organizzazione differisce anche dalla fattispecie di cui all’articolo 409 del Codice di procedura civile, caratterizzata da un semplice raccordo tra il collaboratore e la struttura organizzativa del committente. In questa ipotesi non si rinviene infatti una ingerenza del committente nell’individuazione delle modalità esecutive della prestazione quanto un mero coordinamento tra le parti finalizzato a garantire che l’attività del collaboratore, pur restando estranea all’organizzazione nella quale si inserisce, contribuisca efficacemente alle finalità della stessa. Sussiste invece etero-organizzazione quando l’attività del collaboratore è pienamente integrata nell’attività produttiva e/o commerciale del committente e ciò risulti indispensabile per rendere la prestazione lavorativa. L’eventuale regime di pluri-committenza in cui opera il collaboratore non è di per sé idoneo ad escludere l’etero-organizzazione, atteso che ciò che rileva è la circostanza che la prestazione necessiti della struttura organizzativa del committente. Ciò anche laddove tale struttura sia rappresentata da una piattaforma informatica che non si limiti a mettere in contatto il collaboratore con l’utente finale ma che realizzi una vera e propria mediazione, organizzando il lavoro anche attraverso il ricorso a funzionalità completamente automatizzate.

contrattazione collettiva di settore

Le disposizioni introdotte nel 2019 non hanno modificato il secondo comma dell’articolo 2 del decreto n. 81 del 2015 che esclude l’applicazione della disposizione di cui al comma 1 e, dunque, della natura subordinata del rapporto di lavoro, nelle ipotesi di “collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”. In altri termini, la legge esclude l’estensione della disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate che siano state disciplinate dalla contrattazione collettiva in possesso di determinate caratteristiche: 1) contrattazione di livello nazionale che coinvolga associazioni comparativamente più rappresentative e che disciplini 2) il trattamento economico e normativo del rapporto “in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”. L’esistenza stessa di accordi aventi i requisiti di cui sopra comporta quindi l’esclusione del meccanismo di estensione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che l’eventuale scostamento, rilevato in sede di vigilanza, tra il trattamento economico e normativo in concreto applicato ai collaboratori e quello previsto dall’accordo collettivo di cui al comma 2 dell’articolo 2 in esame – risultante dalla documentazione di lavoro in possesso del committente – permetterà il ricorso ai tipici provvedimenti ispettivi legati alla mancata applicazione degli accordi collettivi, ivi compresa la diffida accertativa ex articolo 12, decreto n. 124 del 2004, in relazione alle differenze tra gli importi contrattualmente previsti e quelli effettivamente corrisposti.

applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato

Il Ministero del lavoro aveva espresso il parere che il legislatore, non avendo individuato gli istituti del rapporto del lavoro subordinato da estendere alle collaborazioni etero-organizzate, propendesse per una “applicazione di qualsiasi istituto, legale o contrattuale (ad es. trattamento retributivo, orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutela avverso i licenziamenti illegittimi ecc. …), normalmente applicabile in forza di un rapporto di lavoro subordinato”.  La Corte di Cassazione (sentenza n. 1663 del 2020) che si è pronunciata sulla natura da attribuire alla disciplina di cui all’articolo 2, comma 1, decreto n. 81 del 2015, stabilendo che le collaborazioni etero-organizzate non siano una diversa tipologia contrattuale costituente un “genere” intermedio fra il lavoro autonomo e quello subordinato ritenendo, piuttosto, che il legislatore abbia inteso “valorizzare alcuni indici fattuali ritenuti significativi (personalità, continuità, etero-organizzazione) e sufficienti a giustificare l’applicazione della disciplina dettata per il lavoro subordinato”.  In altri termini, l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato costituisce un “rimedio” dell’ordinamento alla particolare posizione di soggezione del collaboratore, che tuttavia non interferisce sul tipo contrattuale scelto dalle parti. Sul piano dell’individuazione degli istituti del rapporto di lavoro subordinato da applicare, la Corte prende atto del fatto che il legislatore non vi abbia provveduto in maniera esplicita, con la conseguenza che deve ritenersi applicabile l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Il rinvio alla “disciplina del rapporto di lavoro subordinato” contenuto nel primo comma dell’articolo 2 va quindi inteso come rinvio alla relativa disciplina legale e contrattuale concretamente applicabile.

intervento ispettivo

Sulla base di quanto chiarito dalla Cassazione, la sussistenza di una etero-organizzazione non determina una riqualificazione del rapporto di lavoro autonomo o parasubordinato in lavoro subordinato, fatte salve ovviamente le ipotesi in cui la etero-organizzazione sconfini in una vera e propria etero-direzione. Ne consegue che è esclusa l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione degli obblighi connessi all’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato, quali la comunicazione preventiva e la consegna della dichiarazione di assunzione. L’estensione del regime delle tutele del rapporto di lavoro subordinato può invece avere conseguenze sanzionatorie in relazione a quelle condotte che, ferma restando la tipologia contrattuale che rimane formalmente quella della collaborazione, il committente avrebbe dovuto osservare applicando la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, ad esempio in relazione ai tempi di lavoro e specificatamente in relazione ai limiti massimi dell’orario, alle pause e ai riposi. Va tuttavia segnalato che l’accertamento su tali aspetti potrebbe risultare particolarmente complesso, non potendo fare affidamento sull’utilizzo di adeguati sistemi di tracciamento dell’attività lavorativa svolta dal collaboratore o, ancora, in ragione del fatto che l’attività del collaboratore non è resa in regime di mono-committenza. In relazione a tale ultimo aspetto, infatti, la frammentazione della prestazione lavorativa resa in favore di una pluralità di committenti rende più difficile l’individuazione del soggetto nei cui confronti sia da ritenere esigibile il comportamento doveroso. Sotto il profilo del rispetto delle disposizioni in materia di salute e sicurezza – ferme restando le limitate competenze del personale ispettivo in materia – l’Ispettorato evidenzia come il decreto legislativo n. 81 del 2008 (testo unico della sicurezza sui luoghi di lavoro) trova applicazione “a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati”.  In questo caso, dunque, la qualificazione giuridica del rapporto non è sempre dirimente per l’applicazione delle tutele prevenzionistiche che seguono invece criteri diversi, primo fra tutti quello della presenza del collaboratore in uno specifico contesto lavorativo.

In materia l’INAIL evidenzia le seguenti previsioni contenute nell’articolo 3:

  • al comma 7, nel quale viene precisato che il testo unico si applica ai collaboratori coordinati e continuativi “ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente”;
  • al comma 10, laddove si dispone che per i “lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico” trovano applicazione le disposizioni di cui al titolo VII in ordine alle attrezzature munite di videoterminali e “nell’ipotesi in cui in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III” (concernente “Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuali”); è altresì prevista l’applicazione, per i lavoratori a distanza, della disciplina in materia di informazione “circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali”;
  • al comma 11 nel quale si prevede, per i lavoratori autonomi, l’applicazione del decreto, sebbene limitatamente agli articoli 21 e 26. In particolare, l’articolo 21 riguarda l’osservanza di determinati obblighi da parte del lavoratore, fra cui quello di utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al citato titolo III mentre l’articolo 26 prevede che, nel caso in cui il lavoratore autonomo svolga la propria attività all’interno dei locali del committente, su quest’ultimo gravano alcuni compiti (ad es. la verifica dell’idoneità tecnico professionale dei lavoratori autonomi e gli obblighi di informazione circa i rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui operano e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla attività).

Laddove una collaborazione coordinata e continuativa svolta presso i locali del committente venga considerata etero-organizzata non vi saranno dunque differenze rispetto al regime di tutele applicabile, posto che il citato articolo 3, comma 7, decreto n. 81 del 2008 prevede già l’integrale applicazione del testo unico alle collaborazioni coordinate e continuative. Maggiori criticità potrebbero essere invece riscontrate nelle ipotesi di collaborazioni rese al di fuori dei locali del committente. In tali casi, l’accertamento della natura etero-organizzata della collaborazione comporterà l’estensione della disciplina in materia di salute e sicurezza del rapporto di lavoro subordinato con particolare riguardo ad alcuni profili, quali la formazione e l’informazione dei collaboratori, il controllo del committente sulle attrezzature di lavoro, la denuncia di infortunio, la sorveglianza sanitaria e la completezza del documento di valutazione dei rischi, oltre all’obbligo a carico del datore di lavoro di fornitura e manutenzione dei dispositivi di protezione individuale. Risulta, a tale ultimo riguardo, decisivo che le specificità legate alle modalità esecutive delle prestazioni dei lavoratori etero-organizzati siano contemplate all’interno della valutazione dei rischi effettuata dal committente (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alla necessità di inserire nella valutazione dei rischi l’utilizzazione da parte dei lavoratori di attrezzature proprie o di propri mezzi di spostamento).

tutela retributiva

L’applicazione della disciplina della subordinazione comporta l’applicazione del contratto collettivo di riferimento. Pertanto, il compenso del collaboratore non potrà essere inferiore alla retribuzione minima previste dal CCNL di settore, riferita al livello e alla qualifica individuata in ragione delle mansioni svolte e riparametra in base all’estensione temporale della prestazione.

obblighi contributivi

Sotto il profilo contributivo, il documento dell’INL ricorda che la Corte di Cassazione, nel far proprie le argomentazioni della Corte di Appello di Torino, ha evidenziato che “il lavoratore etero organizzato resta tecnicamente “autonomo” ma per ogni altro aspetto ed in particolare per sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita (e quindi inquadramento professionale), limiti di orario, ferie e previdenza, il rapporto è regolato nello stesso modo”. Ne consegue che la base imponibile va calcolata secondo il criterio generale dei minimi contrattuali previsti dai contratti collettivi leader (articolo 1, comma 1, decreto n. 338 del 1989), applicando le aliquote previste per i lavoratori subordinati dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Laddove si registri l’avvenuto versamento da parte del committente di contributi presso altra gestione previdenziale, gli stessi dovranno essere scomputati dall’ammontare dei contributi complessivamente dovuti.

 

sanzioni civili, tutele e automaticità delle prestazioni

L’INL ritiene che, nelle fattispecie in esame, debbano trovare applicazione le sanzioni previste per l’omissione contributiva (articolo 116, comma 8 lettera a), legge n. 388 del 2000). Ai lavoratori etero-organizzati vanno, inoltre, applicate le tutele connesse alla cessazione del rapporto di lavoro (ad es. la NASPI), l’indennità di malattia, l’indennità di maternità e gli assegni al nucleo familiare nella misura riconosciuta ai lavoratori subordinati. Inoltre, ai lavoratori verrà estesa la tutela dell’automaticità delle prestazioni propria del Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

tutela assicurativa

In via generale, per quanto concerne i collaboratori, la retribuzione imponibile è individuata nel compenso effettivamente erogato nel rispetto del minimale e massimale di rendita di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965 (testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali). L’applicazione della disciplina della subordinazione impone tuttavia, per i collaboratori etero-organizzati, il richiamo al principio di carattere generale in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro di cui all’articolo 27, comma 1, del testo unico, secondo il quale “la spesa dell’assicurazione è a esclusivo carico del datore di lavoro”. Per tali lavoratori non trova dunque applicazione il principio, di carattere eccezionale, sancito dall’articolo 5, comma 3, decreto n. 38 del 2000 secondo il quale “il premio assicurativo è ripartito nella misura di un terzo a carico del lavoratore e di due terzi a carico del committente”.

incidenza sull’organico aziendale

L’Ispettorato chiarisce che l’estensione della disciplina del lavoro subordinato al collaboratore etero-organizzato, configurandosi come un meccanismo di tutela del singolo lavoratore, non può incidere sulla determinazione dell’organico aziendale e, di conseguenza, sugli istituti normativi o contrattuali connessi alle soglie dimensionali dell’azienda (ad es. obblighi disciplinati dalla legge n. 68 del 1999).