L’INPS ha diramato primi chiarimenti in merito all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali per le aziende che non richiedono trattamenti di integrazione salariale previsto dall’articolo 12, commi 14 e 15, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137. In particolare, il comma 14 dell’articolo 12 prevede che in via eccezionale, al fine di fronteggiare l’emergenza da Covid-19, ai datori di lavoro che non richiedono i trattamenti di integrazione salariale è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico di cui all’articolo 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, per un ulteriore periodo massimo di quattro settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile. Il successivo comma 15 prevede che i datori di lavoro che abbiano richiesto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai sensi dell’articolo 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 possono rinunciare per la frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda per accedere ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo. La facoltà può essere esercitata anche per una frazione del numero dei lavoratori interessati dal beneficio. La nota in oggetto specifica che i nuovi trattamenti di integrazione salariale spettano, come previsto dal comma 2 del medesimo articolo 12, ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato l’ulteriore periodo di nove settimane previsto dall’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, decorso il periodo autorizzato, nonché ai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020, che dispone la chiusura o limitazione delle attività economiche e produttive al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19. Le misure sopra richiamate – nuovi trattamenti di integrazione salariale ed esonero contributivo – si pongono tra di loro in regime di alternatività, quantomeno in riferimento alla medesima unità produttiva. Pertanto, come evidenzia l’istituto, l’accesso ai nuovi trattamenti di integrazione salariale comporta l’impossibilità, nella medesima unità produttiva, di accedere all’esonero contributivo.
Si rammenta che Federalberghi Nazionale ha espresso il proprio dissenso in relazione all’alternatività dei trattamenti di integrazione ed esonero nella stessa unità produttiva, evidenziando che ciò avrebbe comportato l’impossibilità di accesso al beneficio per la gran parte delle aziende rappresentate.
Al fine di identificare l’ambito di potenziale operatività del nuovo esonero, occorre tenere in considerazione il fatto che la misura agevolativa possa trovare applicazione solo per coloro che abbiano astrattamente titolo ad esercitare l’opzione tra esonero e nuovi trattamenti di integrazione. Resta fermo che, ai fini del riconoscimento dell’esonero, i datori di lavoro debbano aver fruito dei trattamenti di integrazione salariale con causale Covid-19 nel mese di giugno 2020. L’ammontare dell’esonero è, infatti, pari – ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche – alla contribuzione datoriale non versata per il numero delle ore di integrazione salariale fruite nel suddetto mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL. L’importo dell’esonero così calcolato deve essere riparametrato e applicato su base mensile per un periodo massimo di quattro settimane e non può superare, per ogni singolo mese di fruizione dell’agevolazione, l’ammontare dei contributi dovuti. L’INPS ricorda che l’applicazione del beneficio è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea e che con apposito messaggio, che verrà pubblicato all’esito dell’autorizzazione della Commissione europea, saranno emanate le istruzioni per la fruizione della misura, con particolare riguardo alle modalità di compilazione delle dichiarazioni contributive da parte dei datori di lavoro.
beneficiari
Possono accedere al beneficio tutti i datori di lavoro, anche non imprenditori, ad eccezione del settore agricolo, che abbiano già fruito, nel mese di giugno 2020, degli interventi di integrazione salariale di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18. Più in particolare, l’esonero può essere legittimamente fruito per le medesime posizioni aziendali (matricole INPS) per le quali, nella suddetta mensilità di giugno 2020, siano state fruite le specifiche tutele di integrazione salariale di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge n. 18. Al riguardo, l’INPS evidenzia che le norme appositamente emanate con riferimento all’emergenza da Covid-19 hanno specificatamente previsto misure di sostegno alle imprese, distinte in ragione dei settori economici di attività. Pertanto, anche ai fini della verifica del rispetto del presupposto legittimante il riconoscimento dell’esonero (ossia la fruizione degli ammortizzatori nel mese di giugno 2020) è necessario fare riferimento alle singole matricole INPS attribuite ai datori di lavoro in ragione del diverso inquadramento previdenziale. In sostanza, la previsione normativa individua nel datore di lavoro (identificato sulla base della matricola INPS) che ha fruito degli ammortizzatori nel mese di giugno 2020 il soggetto beneficiario e destinatario dell’esonero, indipendentemente dalla circostanza che i lavoratori in forza nei mesi di effettiva fruizione dell’esonero siano i medesimi lavoratori in forza in occasione della fruizione degli ammortizzatori sociali nel mese di giugno 2020. Conseguentemente, l’importo dell’agevolazione potrà essere fruito, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta, per le medesime matricole per le quali si è fruito dei trattamenti sopra richiamati. Inoltre, secondo l’istituto, occorre tenere in considerazione il fatto che la misura agevolativa possa trovare applicazione solo per coloro che abbiano astrattamente titolo ad esercitare l’opzione tra esonero e nuovi trattamenti di integrazione. Più specificamente, in considerazione della circostanza che l’esonero può essere fruito dai soli datori di lavoro che non richiedono i nuovi trattamenti di integrazione salariale, al fine di identificare i datori di lavoro che possono accedere alla misura, è necessario accertare se gli stessi possano considerarsi potenzialmente beneficiari delle sei settimane di integrazione salariale previste dal decreto-legge n. 137 del 2020. Pertanto, l’esonero contributivo può essere riconosciuto ai seguenti datori di lavoro privati che abbiano fruito dei trattamenti di integrazione salariale nel mese di giugno 2020:
- soggetti ai quali sia stato già interamente autorizzato l’ulteriore periodo di nove settimane di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 104 del 2020, decorso il periodo autorizzato;
- soggetti appartenenti ai settori interessati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 ottobre 2020.
Inoltre, il medesimo beneficio contributivo può essere riconosciuto al datore di lavoro che rinunci alla spendita del residuo di esonero di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 104 e non intenda avvalersi dei nuovi trattamenti di integrazione salariale. Al riguardo, l’istituto evidenzia che la facoltà di rinunciare all’esonero di cui all’articolo 3 può essere esercitata anche per una frazione del numero dei lavoratori interessati dal beneficio. Pertanto, qualora un datore lavoro abbia fruito per i periodi agosto 2020 – dicembre 2020 dell’esonero contributivo previsto dall’articolo 3 del decreto-legge n. 104, al fine di avvalersi della possibilità di godere dei nuovi trattamenti di integrazione salariale o dell’esonero in trattazione, dovrà rinunciare al beneficio previsto dal suddetto articolo 3 per almeno una frazione del numero dei lavoratori interessati.
alternatività delle prestazioni
Ai fini del legittimo riconoscimento dell’esonero è previsto che i datori di lavoro interessati non richiedano i nuovi trattamenti di integrazione salariale, poiché il riconoscimento dell’esonero trova la sua ratio in un regime di alternatività a tali trattamenti. L’alternatività implica che, qualora il datore di lavoro decida di accedere all’esonero contributivo, non potrà avvalersi, nella medesima unità produttiva, fino al 31 gennaio 2021, di eventuali ulteriori trattamenti di integrazione salariale collegati all’emergenza da Covid-19. Con riferimento ai nuovi trattamenti di integrazione salariale, l’INPS precisa che gli stessi hanno una durata massima di sei settimane, da collocare nel periodo ricompreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021. Gli stessi spettano, come previsto dall’articolo 12, comma 2,del decreto-legge n. 137, ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato l’ulteriore periodo di nove settimane previsto dall’articolo 1, comma 2,del decreto-legge n. 104, decorso il periodo autorizzato, nonché ai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 ottobre 2020. Inoltre, come previsto dal medesimo articolo 12, comma 1 del decreto-legge n. 137, i periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 104, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 15 novembre 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle sei settimane. Laddove la previsione normativa chieda al datore di lavoro di fare una scelta tra l’esonero in trattazione e i nuovi strumenti di integrazione salariale, la scelta dovrà essere operata per singola unità produttiva. Ciò comporta che, presso il medesimo datore di lavoro, si potrà fruire per alcune unità produttive dell’esonero e per altre unità produttive dei nuovi trattamenti di integrazione salariale. In tale ipotesi, l’esonero potrà essere fruito nei limiti della contribuzione dovuta con riferimento alle unità produttive non interessate dai nuovi trattamenti di integrazione salariale. Con riferimento alla possibilità di avvalersi dell’esonero in questione per i datori di lavoro che abbiano già fruito dell’agevolazione di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 104, l’INPS rammenta la previsione del comma 15 del medesimo articolo 12, secondo la quale i datori di lavoro privati che abbiano richiesto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai sensi dell’articolo 3, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, possono rinunciare per la frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda per accedere ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo. Al riguardo, l’istituto ribadisce che la facoltà di rinunciare all’esonero di cui all’articolo 3 può essere esercitata anche per una frazione del numero dei lavoratori interessati dal beneficio.
misura dell’esonero
L’ammontare dell’esonero è pari – ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche – alle ore di integrazione salariale fruite anche parzialmente nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL. L’importo dell’agevolazione, più specificamente, è pari alla contribuzione piena a carico del datore di lavoro non versata in relazione alle ore di fruizione degli ammortizzatori sociali nel citato mese. L’ammontare dell’esonero così determinato costituisce l’importo massimo riconoscibile ai fini dell’agevolazione. Tale importo può essere fruito, fino al 31 gennaio 2021, per un periodo massimo di quattro settimane e deve essere riparametrato e applicato su base mensile. Pertanto, nelle ipotesi in cui il calcolo della contribuzione non versata per le ore di integrazione salariale possa determinare un credito potenzialmente fruibile per un periodo superiore a quattro settimane, resta fermo il limite temporale (“per un periodo massimo di quattro settimane”) stabilito dal legislatore. L’indicazione del suddetto limite temporale lascia comunque ferma la possibilità per il datore di lavoro di fruire dell’esonero per periodi inferiori alle citate quattro settimane. Nella ipotesi in cui, invece, il datore di lavoro intenda fruire dell’agevolazione per un periodo di quattro settimane, si precisa che anche laddove il suddetto periodo fosse collocato a cavallo di due mesi, dovrà comunque procedersi alla riparametrazione su base mensile dell’importo dell’esonero, nei limiti della contribuzione dovuta. Con riferimento all’effettiva entità dell’agevolazione, l’INPS precisa, inoltre, che l’ammontare dell’esonero prescinde dal numero dei lavoratori per i quali si è fruito dei trattamenti di integrazione salariale, in quanto la contribuzione datoriale non versata nella suddetta mensilità di giugno 2020 costituisce esclusivamente il parametro di riferimento per l’individuazione del credito aziendale. Inoltre, la quota di esonero fruibile non potrà essere superiore alla contribuzione astrattamente dovuta nei mesi di fruizione. Pertanto, laddove la fruizione dell’esonero avvenga in due mensilità, gli importi mensili non necessariamente dovranno essere di pari ammontare, poiché dipende dalla contribuzione dovuta. Più specificamente, l’INPS evidenzia che l’effettivo ammontare dell’esonero sarà pari al minore importo tra la contribuzione datoriale teoricamente dovuta per le ore di integrazione salariale fruite nel mese di giugno 2020 e la contribuzione datoriale dovuta (e sgravabile) nelle mensilità in cui ci si intenda avvalere della misura. Ai fini della determinazione delle ore di integrazione salariale fruite nella mensilità di giugno 2020, utili per la definizione dell’ammontare dell’esonero, rientrano sia quelle fruite mediante conguaglio che quelle fruite mediante pagamento diretto. Al riguardo, è precisato che la retribuzione persa nel mese di giugno 2020 – da utilizzare come base di calcolo per la misura dell’esonero – deve essere maggiorata dei ratei di mensilità aggiuntive. Inoltre, ai fini della determinazione della contribuzione datoriale che sarebbe stata dovuta per le ore di integrazione salariale fruite nel predetto mese di giugno 2020, occorre tenere conto dell’aliquota contributiva piena astrattamente dovuta e non di eventuali agevolazioni contributive spettanti nella suddetta mensilità. Nell’ipotesi in cui l’azienda interessata all’esonero abbia alle proprie dipendenze apprendisti si farà, conseguentemente, riferimento alla aliquota propria prevista per tale tipologia di lavoratori.
contribuzioni oggetto dell’esonero
Nella determinazione delle contribuzioni oggetto dell’esonero è necessario fare riferimento alla contribuzione datoriale che può essere effettivamente oggetto di sgravio.
Non sono oggetto di esonero le seguenti contribuzioni:
- i premi e i contributi dovuti all’INAIL;
- il contributo, ove dovuto, al “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile” di cui all’articolo 1, comma 755, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
- il contributo, ove dovuto, ai fondi di cui agli articoli 26, 27, 28 e 29 del decreto 14 settembre 2015, n. 148;
- il contributo previsto dall’articolo 25, comma 4, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, in misura pari allo 0,30% della retribuzione imponibile, destinato, o comunque destinabile, al finanziamento dei fondi interprofessionali per la formazione continua.
Sono, inoltre, escluse dall’applicazione dell’esonero le contribuzioni che non hanno natura previdenziale e quelle concepite allo scopo di apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento.
condizioni di spettanza dell’esonero
Il diritto alla fruizione dell’esonero contributivo è subordinato al rispetto, da un lato, delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro e dell’assicurazione obbligatoria dei lavoratori e, dall’altro, dai presupposti specificamente previsti dal decreto-legge n. 137. In particolare, per quanto riguarda le prime, l’esonero contributivo di cui si tratta, sostanziandosi in un beneficio contributivo, è subordinato al rispetto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 1175, della legge n. 296 del 2006, ossia:
- regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale, ai sensi della normativa in materia di documento unico di regolarità contributiva;
- assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge;
- rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Con specifico riferimento alle condizioni previste dall’articolo 12 del decreto-legge n. 137, si fa presente che, anche ai fini della fruizione dell’esonero, il datore di lavoro deve attenersi al divieto di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo previsto dal medesimo articolo.
compatibilità con la normativa in materia di aiuti di stato
Sotto il profilo soggettivo, il beneficio contributivo, in quanto rivolto ad una specifica platea di destinatari, si configura quale misura selettiva che, come tale, necessita della preventiva autorizzazione della Commissione europea. Il comma 16 del citato articolo 12, infatti, specifica che la misura è concessa ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea, recante “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, adottato in data 19 marzo 2020 (C/2020/1863), e successive modificazioni (c.d. temporary framework), e nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione. Pertanto, l’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 12, commi 14 e 15, è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea. Si ricorda che, in base alla suddetta sezione 3.1, la Commissione considera aiuti di Stato compatibili con il mercato interno quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni:
- siano di importo non superiore a 1.800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere);
- siano concessi a imprese che non fossero già in difficoltà al 31 dicembre 2019;
- in deroga al punto precedente, siano concessi a microimprese o piccole imprese che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione;
- siano concessi entro il 31 dicembre 2021.
In considerazione della natura dell’agevolazione in trattazione quale aiuto di stato, l’INPS provvederà a registrare la misura nel Registro nazionale degli aiuti di stato.
coordinamento con altre misure
L’esonero in trattazione, in continuità con quanto previsto dall’articolo 3 del decreto-legge n. 104 del 2020, è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta e a condizione che per gli altri esoneri di cui si intenda fruire non sia espressamente previsto un divieto di cumulo con altri regimi. L’esonero non è cumulabile con l’incentivo strutturale all’occupazione giovanile previsto dall’articolo 1, comma 100 e seguenti della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in virtù dell’espressa previsione di cui al comma 114 della medesima legge. Pertanto, il datore di lavoro interessato, anche in virtù del fatto che il citato esonero volto all’assunzione di giovani si sostanzia, per gli anni 2021 e 2022, in una decontribuzione totale dei contributi datoriali, non potrà avvalersi, per il medesimo lavoratore, di entrambe le misure. Nelle diverse ipotesi di cumulo della misura con altri regimi agevolati, considerato che l’esonero in trattazione si sostanzia in un abbattimento totale dal versamento della contribuzione datoriale nei limiti delle ore di integrazione salariale fruite nel mese di giugno 2020, la citata cumulabilità può trovare applicazione solo laddove sussista un residuo di contribuzione astrattamente sgravabile e nei limiti della medesima contribuzione dovuta. Con riferimento, invece, alla possibilità di cumulare la misura con i nuovi trattamenti di integrazione salariale di cui al medesimo articolo 12, l’INPS rammenta che per gli stessi è previsto un regime di alternatività rispetto all’esonero. Come già evidenziato, l’alternatività tra esonero e trattamenti di integrazione salariale deve essere intesa per singola unità produttiva. Nella medesima unità produttiva, pertanto, non potranno coesistere trattamenti di integrazione salariale collegati all’emergenza Covid-19 ed esonero. Al contrario, le previsioni normative non precludono la possibilità di presentare domanda, in concomitanza o contestualmente alla richiesta di agevolazione contributiva in trattazione, per ammortizzatori sociali ordinari, diversi dalle causali Covid-19. L’istituto rammenta, infine, che come disposto dall’articolo 12, comma 15, del decreto-legge n. 137, i datori di lavoro che abbiano richiesto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge n. 104, possono rinunciare alle frazioni di esonero non ancora godute anche per singoli lavoratori e contestualmente presentare domanda per accedere ai nuovi trattamenti di integrazione salariale.